L’affermazione ha urtato alcune persone che, soprattutto su
Twitter, hanno scatenato una polemica contro il pensiero dell’azienda ritenuto retrogrado e discriminante. Da qui il lancio dell’hashtag e l’invito a boicottare i
prodotti del marchio Barilla e Mulino Bianco, cui si aggiunge la diffusione di una serie di
sfottò, ben presto diventati virali sul social-network. “Dove c’è Barilla, c’è omofobia”, “Nel Mulino che vorrei
ci stanno pure i gay” e “Mulino Bianco fuori ma nero dentro”, sono i classici slogan pubblicitari della Barilla “rivisitati” in chiave
negativa su Twitter per criticare quanto accaduto. Superano le migliaia i tweet che
inneggiano al boicottaggio, sebbene molti ritengano che la mossa sia esagerata o che si tratti di un’iniziativa messa a punto dal presidente dell’azienda per
attirare un po’ di attenzione mediatica. In seguito al clamore suscitato, nel pomeriggio Guido Barilla ha deciso di porgere le scuse su Twitter nei confronti di coloro che si sono sentiti offesi dalle sue affermazioni.
In realtà, non è la prima volta che in Italia si solleva un
polverone attorno agli spot pro-gay. Già nel 2011 il lancio della campagna
pubblicitaria di Ikea aveva scatenato l’indignazione dei più conservatori, tra
questi il politico Giovanardi, allora sottosegretario con delega alle Politiche
per la famiglia, secondo il quale lo spot dell’azienda svedese era un oltraggio
alla Costituzione.
Forse con una punta di opportunismo dettata dalla convinzione
di intercettare una fetta di consumatori sempre più consapevoli ed emancipati
sull’argomento (omosessuali e non), la pubblicità di Ikea raffigurava una
giovane coppia gay ripresa di spalle e sovrastata dallo slogan: “Siamo aperti a
tutte le famiglie”. A quel tempo a schierarsi dalla parte di Ikea e contro
Giovanardi furono non solo i consumatori, ma anche altre aziende come Eataly e
Easyjet che hanno riproposto altrettanti spot gay-friendly sulla scia del
precedente.
Il caso Barilla dimostra come talvolta le critiche siano
generate non da disservizi o difetti dei prodotti ma anche dalla manifestazione
del pensiero o dell’ideologia di chi li produce, pensiero che può condizionare
in maniera positiva o negativa le scelte d’acquisto. Secondo alcuni esperti è meglio
tener le idee politiche o le questioni sociali che dividono fuori dal
marketing, per evitare conseguenze dannose sulla reputazione del brand e dell’azienda.
Altri invece ritengono che la comunicazione possa essere uno strumento efficace
più della politica per sensibilizzare l’opinione pubblica su alcune tematiche
sociali.
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